sabato 27 gennaio 2018

UNA MEMORIA PER IL DOMANI

Accanto al pensiero, al linguaggio, all'affettività e all’intelletto, la memoria è una fra le più importanti funzioni cognitive che la natura ci ha donato. Si sviluppa sin dalle prime fasi di vita, tassello dopo tassello, e si nutre di riflessione, conoscenza di sé e conoscenza del mondo attorno a sé. Questo per dire che la memoria è uno strumento flessibile e in continuo “aggiornamento”.
Un altro aspetto interessante della memoria e dell’atto stesso del ricordare, è che si alimenta di emozioni, ha in sé un’alta intensità affettiva. Penso, ad esempio, come sia la lingua inglese che quella francese abbiano mantenuto quest’idea dell’affettività nei modi di dire learn off by heart o apprendre par coeur. In realtà, anche l’italiano ha conservaro questo legame con il “cuore”: ricordare dal latino recŏrdari, da corcordis «cuore», perché il cuore era ritenuto la sede della memoria.
Insomma, sembrerebbe che il ricordare, il mantenere traccia di qualcuno o qualcosa, necessiti di un coinvolgimento emotivo.

Perché ho voluto fare questa premessa?
Certo, in primis, perché oggi si celebra la giornata della memoria, una ricorrenza internazionale per commemorare le vittime dell'Olocausto, ma anche perché mi sono interrogata quanto questa memoria che è viva, è legata al cuore e ci aiuta nella percezione di noi stessi e del mondo, ci abbia davvero insegnato a non rendere la storia il tapis roulant dell’eterno ritorno?
Approfittando di questo giorno che ci vede predisposti a non dimenticare, vorrei portare l’attenzione ad un passato recente, anzi recentissimo, anzi, meglio ancora, attuale. E lo voglio fare a partire da queste immagini:

La Crepa, Frontiera di Orestiada, Grecia, p.38
La Crepa, Centro di prima accoglienza,  Orestiada, Grecia, p.41

Non sono immagini di Auschwitz, né di un altro campo di concentramento nazista, sono le immagini  di una recente frontiera europea, in Grecia, una delle tante frontiere nate per proteggersi e difendersi. Queste sono sempre le giustificazioni. Ma da cosa ci si protegge veramente?
Che piaccia o no, i ghetti, le chiusure, le barriere servono per delimitare, per esercitare potere e, soprattutto, per allontanare un immaginario e poco conosciuto nemico. Intanto, però, come scrive Carlo Greppi:
Su quei confini la gente aspetta, la gente prega, la gente muore. 
Le due immagini sono tratte dal foto reportage La crepa per El Paìs Semanal del fotografo Carlos Spottorno e del giornalista Guillermo Abril. Un lavoro che nasce da un viaggio di tre anni tra le frontiere che vanno dall’Africa settentrionale all’Artico.

Il viaggio, che doveva prevedere solo Melilla, il confine fra Grecia, Bulgaria e Turchia, nonché Lampedusa, si è trasformato in una lunga esplorazione poiché “la crepa” attraversa l'Europa in tutta la sua estensione.

La Crepa di Spottorno e Abril, Add editore; Origami rivista n.108, 2018 così cambiano i confini del mondo.

Scrive Fabio Geda nella prefazione al reportage:
È impressionante vedere un’Europa sorta come reazione alla Seconda Guerra Mondiale, ritornare a piegarsi su se stessa, avere nuovamente paura di un “popolo nemico”(corsivo aggiunto). È impressionante constatare quanto poco abbiamo imparato dalla storia recente.
In effetti, dopo aver letto il libro che, tra l'altro, ha il pregio di avere la forma del fotoromanzo, permettendo al testo di dire tanto e in poco tempo, ci si chiede dove stiamo andando e quanto nelle nostre menti, nel nostro modo di ragionare è cambiato dagli orrori della Seconda guerra mondiale. Non è un caso se gli stessi autori del reportage hanno scritto di aver avuto quella sensazione di impotenza di fronte alla storia che si ostina a ripetersi.

Ed è proprio questa la sensazione che si ha quando si accende la tv, quando si legge un giornale e quando si ascoltano le persone al bar. 
Ma cosa ci ha insegnato la storia? A me sembra poco, troppo poco. C'è sempre un popolo nemico che compie le azioni più oscene, che viene per rubare, che si carica di tutti i difetti immaginabili... la lista è enorme, quasi come la nostra cecità.

La migrazione è un fenomeno antico quanto il mondo. Ci si sposta per diverse ragioni, ma tutte nascono dal desiderio umano di essere felici e trovare la pace. Anziché giudicare l'altro e renderlo bersaglio delle nostre piccolezze in quanto popolo e in quanto amministratori dello spazio che la storia ha reso Italia prima ed Europa poi, dovremmo cogliere da questa situazione di emergenza la possibilità di riflettere, conoscere e allargare le nostre vedute. Il fenomeno migratorio, che sta attraversando l'intero continente europeo, è solo la faccia visibile dei modi e delle forme in cui il mondo sta cambiando.



Il titolo, infatti, preannuncia la scoperta di una ferita che attraversa il nostro modo di percepirci cittadini europei. "La crepa è la storia di uomini e di donne. Di ciò che siamo e vogliamo diventare. La storia di un’Europa che, […] deve esistere come frutto della nostra volontà" scrive sempre Fabio Geda nella prefazione.

Quante crepe culturali e strutturali ci sono ancora oggi che hanno tutto il sapore della visione bieca e distorta pre-guerra? I nazionalismi emergenti, la chiusura delle frontiere, il populismo imperante, l'islamofobia..... E quanto ci vorrà prima che l’edificio crolli di nuovo?




Approfondimenti:
Ecco l'intervista di qualche giorno fa a Carlos Spottorno durante la trasmissione "Il mondo insieme", in onda su TV2000.

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