giovedì 25 agosto 2022

AL CORPO NON SI COMANDA #3: La biologia delle credenze di Bruce Lipton


 

Il libro che vi presento oggi, La biologia delle credenze. Come il pensiero influenza il DNA e ogni cellula, ha vinto il premio come miglior libro di scienza nel 2006 negli USA e oggi rappresenta oramai un grande classico della letteratura scientifica di tipo divulgativo. In esso il biologo molecolare Bruce Lipton presenta le nuove scoperte scientifiche sugli effetti biochimici del cervello, dimostrando come tutte le cellule del nostro organismo vengono influenzate dai nostri pensieri e dalle emozioni che ne conseguono.

Lo scrittore intreccia le nuove scoperte scientifiche con gli episodi più significativi della sua vita; episodi che hanno determinato un cambiamento nel suo modo di vedere e interpretare il mondo e, di conseguenza, di essere scienziato e studioso. Una conferma di come ogni teoria porta le impronte di chi l'ha espressa: le sue convinzioni, i suoi valori e la sua cultura di riferimento.

Ecco perché ho molto apprezzato la disponibilità dello studioso non solo a parlare di sé e del suo modo di essere stato ricercatore, ma anche nel cercare di collegare le ultime teorie scientifiche, i loro punti di forza e di debolezza, con le convinzioni del periodo storico che le ha generate e, soprattutto, accettate.

I primi capitoli, infatti sono dedicati al peso avuto dalle teorie dell'evoluzionismo e dei loro effetti.

Il Dogma centrale della biologia molecolare afferma che il DNA è il responsabile dei nostri caratteri fisici e che i suoi geni controllano le nostre emozioni e i nostri comportamenti. Per cui i 'fattori ereditari', di cui Charles Darwin aveva parlato nel XIX secolo, ob torto collo, sono  croce e delizia della nostra esistenza. Questo schema biologico porta con sé un'interpretazione dei cambiamenti, o mutazioni genetiche, come il frutto di modificazioni assolutamente casuali e per questo incontrollabili. In pratica con questo modello l'uomo è tutt'al più il frutto di 'fortunati' incidenti genetici.

Per comprendere meglio quest'idea, bisogna fare un passo indietro nella storia delle teorie scientifiche e arrivare al 1859, data di pubblicazione de L'origine della specie. Nel suo libro, Darwin sostenne che i tratti specifici degli individui si trasmettono dai genitori ai figli, e che questi caratteri ereditari controllano le caratteristiche della vita di ciascun individuo. La sua teoria dell'evoluzione si è intrecciata alla sua visione della vita come una costante lotta per l'acquisizione delle risorse ambientali. 

Gli organismi viventi sono perennemente impegnato nella 'lotta per l'esistenza'. Per Darwin la lotta e la violenza non solo sono parte della natura umana, ma costituiscono le forze trainanti dell'evoluzione. [...] un'inevitabile guerra della natura, le caresti e la morte. pp. 44-45

Questa visione, se da un lato ha tolto la scienza dal potere regolatore-controllore della religione, dall'altro ha tracciato nuovi confini, rigidi, della successiva ricerca. Confini che imbrigliano le nostre credenze, grazie all'educazione scolastica e a quella più becera dei massmedia, nell'idea che il caso governi le nostre vite, nella buona e cattiva sorte o malattia. Eppure, quasi mezzo secolo prima di Darwin, il biologo francese Jean-Baptiste de Lamark formulò una teoria dell'evoluzione molto meno severa:

Egli suggeriva l'idea che l'evoluzione si basasse su un'interazione istruttiva e cooperativa tra gli organismi e il loro ambiente, interazione che consente alle forme viventi di sopravvivere e di evolvere in modo dinamico. p.50

Questa visione, chiaramente, non chiama in causa un deus ex machina, il caso, come forza incontrollabile che agisce a capriccio, bensì presenta un universo dove i principi guida sono la co-evoluzione e la co-esistenza. A questo punto i geni, non sono più informazioni preorganizzate e programmate della vita, ma diventano delle memorie fisiche delle esperienze apprese da un organismo e da tutti gli organismi con i quali collabora e convive (pensate al microbiota intestinale). 

L'autore marca l'importanza di questo cambio di veduta, poiché ha conseguenze su cosa viene 'cercato' e 'come', ciò che si trova, viene interpretato. 

[...] siamo stati programmati ad accettare l'idea di essere soggetti al potere dei nostri geni. Il mondo è pieno di persone che vivono nel timore che, quando meno se lo aspettano, i geni si rivoltino contro di loro. [...] si credono delle bombe ad orologeria e stanno lì ad aspettare che il cancro esploda nella loro vita come è esploso nella vita della madre, del fratello, della sorella, della zia o dello zio. pp. 64-65

Siamo stati educati ad attribuire i nostri problemi di salute all'inefficienza dei nostri meccanismi biochimici, anziché vedere la salute, come la malattia, come la combinazione di cause mentali, fisiche, emotive e spirituali, ambientali.

L'aspetto più triste e un tantino bigotto di tutto ciò è che, nonostante si stia profilando sempre di più un'idea della biologia adattiva (Cairns et all. 1988) e della cooperazione, nelle scuole e, ancor peggio, nelle università le teorie di Darwin e il dogma della biologia molecolari vengono spacciati come Verità inoppugnabili, delle sorta di 'credo' religiosi che purtroppo vanno a sedimentarsi assieme a tutti gli schemi di pesiero e d'azione che ci vengono trasmessi.

Il problema dell'educazione non è un problema da poco, soprattutto quando la pseudo-cultura trasmessa si nutre di nozioni incomplete, e peggio ancora errate.

Perfino Darwin ammise, in una lettera del 13 ottobre 1876 all'amico Moritz Wagner, verso la fine della sua vita, che la sua teoria aveva minimizzato il ruolo dell'ambiente:
A mio parere, il più grave errore che ho commesso è non aver dato sufficiente peso all'azione diretta dell'ambiente: il nutrimento, il clima, e così via [...]

Darwin non sta dicendo che nella sua teoria non si prendeva in considerazione il ruolo dell'ambiente, ma che, in essa, l'ambiente esercita un'azione rilevante attraverso la selezione naturale piuttosto che direttamente.

Arrivati a questo punto, quello per cui i geni sono delle memorie fisiche adattive, cos'è che attiva o disattiva la risposta genetica?

«È l'ambiente, stupido!»

Le operazioni della cellula sono modellate principalmente dalla sua interazione con l'ambiente e non dal suo codice genetico. I geni non possono pre-programmare una cellula, perché ne verrebbe meno la sua capacità di adattamento. L'adattamento, per ovvi motivi, è un processo dinamico, poiché segue i cambiamenti dell'ambiente esterno. 

L'intuizione dello studioso, avvenuta nel 1988,  è stata quella di comprendere come il comportamento 'intelligente' della cellula dipenda dalla sua membrana. Quest'ultima funziona da unità di percezione dell'ambiente e in base a 'quanto viene percepito' vengono prodotte delle proteine anziché delle altre. Solo allora entra in gioco il DNA. Il DNA attiva le risposte, ovvero la produzione di proteine, in accordo con gli stimoli che la cellula ha ricevuto mediante la sua membrana.

Dato che gli stimoli esterni si traducono in emozioni, emozioni che cambiano da soggetto a soggetto in base a quanto ha appreso e immagazzinato dall'educazione e, di conseguenza, in base alla sua sensibilità allo stimolo, ciascuno di noi risponde in maniera 'personale' agli accidenti della vita; se la risposta appresa, dalla famiglia e dal contesto socio-culturale, non è funzionale alla vita, allora si avranno malattie più o meno gravi. Malattie ereditate e attivate, non dai geni ma, dalle nostre credenze.

[...] il sistema limbico creò un meccanismo particolare che convertiva i segnali chimici della comunicazione in sensazioni che potevano essere percepite da tutte le cellule della comunità. La nostra mente conscia sperimenta questi segnali come emozioni. p. 185

Quando abbiamo un pensiero questo mette in funzione una serie di canali che percorrono tutto il corpo, questi percorsi convertono i pensieri in risposte fisiche. Dunque, la mente conscia, non solo legge il flusso dei segnali di coordinamento cellulare, ma può anche generare pensieri, che generano emozioni, e che, in ultimo, si manifestano in segnali che agiscono sul sistema nervoso.

Ogni minimo pensiero si trasforma in una risposta fisiologica, poiché le azioni del corpo e della  mente sono strettamente collegate e coordinate. Se le risposte non sono tra di loro coordinate, perché l'educazione ha irrigidito la mente in schemi non funzionali, con il tempo, ci saranno parti stressate del corpo che perderanno flessibilità, col conseguente risultato di un eccesso di pathos, in altre parole, l'insorgere e la cronicizzazione di una patologia.

La studiosa Candance Pert, neuroscienziata e farmacologa americana, ha dimostrato che la 'mente' non è localizzata nel cervello, ma è distribuita in tutto il corpo mediante molecole-segnale (ormoni). Il corpo, dunque, re-agisce sia alle informazioni ambientali esterne che a quelle generate all'interno dalla mente. In questo modo accanto a reazioni istintive, vi sono reazioni apprese dalle esperienze della vita, nonché dall'educazione. Queste risposte 'condizionate' se ripetute nel tempo diventano abitudini, che per loro natura si attivano in automatico, ne approfondirò quando parlerò del libro "La dittatura delle abitudini: Come si formano, quanto ci condizionano, come cambiarle" di Charles Duhigg, M. Sartori. Al momento vi anticipo alcune nozioni. Partiamo da una possibile definizione tecnica:

[...] le scelte che tutti compiamo deliberatamente a un certo punto della nostra vita e a cui poi smettiamo di pensare ma che continuiamo a fare, spesso ogni giorno. In un dato momento tutti abbiamo deciso consciamente quanto volevamo mangiare e su cosa volevamo concentrarci arrivando in ufficio, ogni quanto concederci qualcosa da bere o quando andare a fare una corsa. Poi abbiamo smesso di scegliere e il comportamento è diventato automatico. È una conseguenza naturale della nostra neurologia. (Duhigg, Sartori p.12)

Le abitudini sono il frutto di una cooperazione tra corpo e mente, e rappresentano lo strumento mediante il quale il cervello, dopo aver appreso e immagazzinato una sequenza d'azioni, smette di partecipare al processo decisionale, si riposa.

Le abitudini non scompaiono mai davvero. Restano codificate nella struttura del cervello, e questo è un vantaggio enorme, perché sarebbe terribile se dovessimo imparare di nuovo a guidare dopo ogni vacanza. Il problema è che il cervello non sa distinguere fra abitudini buone e abitudini cattive, e una cattiva abitudine sarà sempre lì in agguato, in attesa dei segnali delle gratificazioni giuste.» (Duhigg, Sartori p.34)

Diventa chiaro come le abitudini condizionano automaticamente tutto il sistema corpo-mente, creando salute o malattia. Ecco perché bisogna prestare molta attenzione a ciò che si insegna, sia come insegnanti che come educatori, nonché a ciò che si apprende.

L'apprendimento-educazione è un processo che consente di acquisire modelli comportamentali, scavalcando gli istinti, in modo da consentire al soggetto di vivere 'integrato' alla società di appartenenza. Ma non tutti i modelli o programmi comportamentali e culturali immagazzinati sono funzionali al nostro vivere in armonia con noi stessi, poiché ciascuno di noi dalla nascita è dotato di un proprio modo di essere, ben riflesso dalle forme del suo corpo. Se questo sistema o modo di essere viene costretto in programmi subconsci a noi disfunzionali, ecco che il corpo-mente ne registra gli effetti in sintomi e malattie. 

In conclusione, il desiderio che anima lo scrittore è quello di renderci consapevoli, attraverso la conoscenza dei meccanismi biologici, che, anziché essere vittime dei geni, siamo il più delle volte creatori inconsapevoli della nostra vita. Solo attraverso la consapevolezza, dunque la conoscenza, si può comprendere chi siamo e verso quale direzione ci stiamo muovendo.

Le tue convinzioni diventano i tuoi pensieri.
I tuoi pensieri diventano le tue parole.
Le tue parole diventano le tue azioni.
Le tue azioni diventano le tue abitudini.
Le tue abitudini diventano i tuoi valori.
I tuoi valori diventano il tuo destino
.  
Mahatma Ghandi