venerdì 12 agosto 2022

I disagi della DaD

 
Piemonte, l'allarme dell'Ordine Psicologi: 'Riaprite le scuole, disagio  preoccupante' - Vigevano24.it 
 
Questo post è il frutto di un lavoro di ricerca svolto due anni fa, al termine di un mio percorso di formazione. I dati raccolti hanno trovato conferma nelle esperienze di colleghi e colleghe coscienzios*: la DaD o DdI, che si voglia dire, ha creato tanti disagi pratici e immediati quanti profondi e a lungo termine sia negli apprendimenti che nella gestione emotiva di studenti e adulti. 
Stiamo raccogliendo i frutti sfatti di una società ormai in malora, ancor prima della pandemia e dei suoi stati inesauribili di emergenza. La pandemia, la sua nauseante narrazione e la sua assurda gestione hanno portato a galla il marcio del nostro contesto sociopolitico, nonché della nostra non-cultura che, misti al programma dIstruzione  scolastico (prendo in prestito una parte del il titolo del saggio di Pietro Ratto sulla scuola) hanno dato gli attuali risultati.
 


La mia lettura e critica della DaD parte da una visione globale del processo di apprendimento/insegnamento dove partecipano corpo, ambiente e emozioni,  e solo in ultima parte i contenuti,  di conseguenza un processo che non coinvolge queste tre sfere in toto e prova a sezionare l'essere umano e selezionarne delle parti, si riduce ad essere un aborto di se stesso i cui effetti non si esauriscono nelle gestioni d'emergenza. Se da un lato si proverà sconforto per quanto emerge, dall'altro sarà utile riflettere su un'istituzione  in decadenza e ripensare alla formazione e all'essere esseri umani in un approccio integrato.

Vi lascio alla lettura della prefazione di questo studio, la versione completa verrà pubblicata su Academia. Edu.
Ipotesi Dad per i non vaccinati: stroncatura dall'opposizione, genitori in  sit-in sotto i palazzi della Regione


La pandemia che stiamo vivendo, la sua narrazione e la sua cattiva gestione hanno messo a dura prova tutti noi, ma a pagarne di più sono soprattutto i bambini e gli adolescenti. Quest’ultimi, poi, si trovano in una fase della loro vita durante la quale dovrebbero esplorare sé stessi e il mondo circostante, confrontarsi con la realtà di tutti i giorni fuori dalle mura domestiche e affrontare esperienze uniche ed irripetibili sperimentando uno spettro maggiore di emozioni e non solo la paura e l’angoscia per il futuro. Le misure prese per contenere i contagi hanno di fatto richiesto ad ognuno di noi di vivere per lo più in casa, limitando i contatti fisici e relazionali con l’altro. Eppure diversi studi fanno emergere come in casi storici di emergenza e di eventi disastrosi di varia natura il sostegno sociale e le relazioni abbiano costituito dei fattori protettivi per il benessere e l’adattamento. Lo stare insieme ad altre persone favorisce, infatti, una migliore regolazione emotiva, gestione dello stress e resilienza. La quasi totale interruzione dei rapporti sociali al di fuori del proprio nucleo familiare domestico ha inciso sullo sviluppo di disturbi e malesseri psico-fisici generalizzati.
Gli adolescenti lontani da scuola, dai loro amici, dai locali, dalle piazze, dalle attività sportive e ricreative, hanno visto limitata la loro libertà di essere giovani e pieni di vita. La solitudine, la noia, il senso di frustrazione, l’insicurezza, la tristezza, nonché la rabbia hanno preso il sopravvento, portando i giovani a esperire un turbinio di emozioni disorganizzate e di forte impatto. Questa condizione emotiva, fisica e sociale non è senza conseguenze. Sono aumentati i casi di malessere psico-fisico, di dipendenza da device o stupefacenti, nonché, purtroppo, di azioni autolesioniste e di tentativi di suicidio.

La salute in un approccio sistemico e non parcellizzato e miope vede l’essere umano come unità strutturata e interconnessa, dove i sistemi psichici e biologici si condizionano reciprocamente. «La salute come la malattia dipendono in larga misura dall’organizzazione della vita intesa come vita sociale, le cui rappresentazioni fondano i comportamenti individuali.»

L'analisi focalizzata su dati tecnici e meccanici, dunque sulla natura umana in chiave biologica, portano generalmente ad una disattenzione per i sentimenti e per le necessità globali della persona. Questa visione è ben visibile nelle azioni che hanno interessato il reparto scuola.

A partire dal 24 febbraio 2020 le scuole di ogni ordine e grado sono state chiuse e messe in stand-by con il rito della DaD. La distanza imposta dall’isolamento fisico, erroneamente denominato sociale, ha portato i docenti a riconfigurare le proprie pratiche in modo da assicurare la continuità didattica. Ma questo non è fare scuola, la scuola è ben altra cosa: un luogo dove conta sia l’insegnamento disciplinare che quello che nasce dal contatto diretto con l’altro, tra docenti e studenti e tra studenti e i loro pari. Si poteva chiedere alla scuola di essere una base sicura nella quale i vari attori coinvolti potessero trovare conforto dall’ansia e dalla paura del contagio, curare le ferite della quarantena, prendersi cura dei dispersi e dei più fragili, insegnando (e imparando) come proteggere la propria salute con uno stile di vita e un’alimentazione sane; invece, le istituzioni hanno preferito chiudere le scuole con l’idea d’impedire il contagio. Un sacrificio che non ha tardato a mostrare i suoi effetti.

Con la DaD sono venuti al pettine alcuni dei nodi mai sciolti di un sistema scolastico poco solido e vitale, debilitato da gravi carenze e inadeguatezze. Come giustamente denuncia il giornalista Giuseppe Genna de L’Espresso “su scuola e sanità si gioca il futuro di un Paese, in entrambi è evidente che l’Italia è messa malissimo. La legge del mondo materiale è l’equilibrio, la legge del mondo morale è l’equità: stiamo mancando questo principio. È richiesto un pensiero sistemico”. Un pensiero sistemico avrebbe considerato ciascuno in un’ottica globale dove mente e corpo non si autoescludono ma si supportano vicendevolmente, e dove per ciascuna categoria vengono prese decisioni e provvedimenti ad hoc, non casuali e generalizzati.

Le scuole hanno fatto il massimo per adeguarsi ai protocolli di sicurezza eppure o vengono chiuse o le si apre al 50 per cento e su base volontaria. Se gli studenti hanno accettato volentieri questo compromesso all’inizio di marzo 2020 quando la chiusura è stata percepita come un’anticipazione delle vacanze, ora, ne stanno risentendo non solo negli apprendimenti ma anche nel loro equilibrio psico-fisico. A distanza di un anno le ricerche e le indagini condotte da vari enti hanno mostrato che sul lungo periodo gli effetti negativi delle chiusure indiscriminate e dei confinamenti domestici sulla salute psico-fisica e sull’apprendimento superano di gran lunga i teorici vantaggi di limitare i contagi.

La didattica a distanza, soprattutto per i bambini e i ragazzi, non può sostituire in toto l’apprendimento in presenza, per una serie di motivi:

  • La mente umana è sociale, richiede l’interazione diretta come modalità di apprendimento dell’empatia, delle competenze sociali e della lettura della mente. Quando manca il contatto sociale diretto e significativo, specie nella fase dello sviluppo, si può manifestare più avanti nel tempo una personalità potenzialmente indifferente, violenta e antisociale.
  • La DaD aumenta il rischio di isolamento sociale e di solitudine, che sono un determinante fattore di rischio psicosociale e sono correlati ad ansia, depressione, disturbi psichici, disturbi del metabolismo, disturbi del sonno.
  • La DaD accentua le differenze personali, sociali ed economiche. La disuguaglianza delle opportunità educative tra gli studenti provenienti da famiglie di diverso status economico-culturale viene accentuata laddove gli studenti rimangono relegati in uno spazio familiare privo di opportunità per una vera crescita personale e culturale.

L’apprendimento tramite mezzi digitali è mediato e passa solo attraverso vista e udito, rendendo perciò impossibile tutta una serie di acquisizioni fondamentali, che sono possibili solo attraverso la manualità e l’interazione sociale diretta.

Anche i docenti non sono esenti da disagi, anzi. L’uso prolungato della DaD espone a stress lavoro-correlato: una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale dovuti a un’esposizione prolungata a pressioni più o meno intense. Inoltre, si deve considerare il peso emotivo che sugli insegnanti ricade in quanto sono alle prese non solo con i propri stati d’animo ma anche con quelli dei propri studenti animati da paura, irritabilità e sfiducia.

I cambiamenti continui, l’incertezza sul futuro hanno accentuato gli stati d’ansia e sfiducia sull’avvenire. Il passaggio alla DaD ha modificato equilibri e rutine, nonché ha imposto cambiamenti pedagogici e relazionali non previsti e ai quali non eravamo e non siamo pronti: non siamo pronti a spostare tutta la nostra vita sul computer!

 

Questa breve tesina vuole essere un ulteriore invito a fermarsi e riflettere sulle macerie che ci portiamo dietro a causa di un interminabile lockdown e della chiusura della scuola per studenti e docenti. Le ricerche sugli apprendimenti nazionali e internazionali, come suddetto, hanno mostrano un quadro sconfortante e questi dati dovrebbero essere letti alla luce di un ampliamento della visione di apprendimento come mera acquisizione cognitiva. L’apprendimento è un processo emotivo, sociale e fisico e non solo cognitivo, per cui un suo calo è un indicatore, un segnale di qualcosa che non va anche su altri piani. In una visione globale e non parcellizzata è chiaro che un cambiamento in una parte del fenomeno significa avere cambiamenti a cascata in altre parti di esso. A questo punto confrontando la definizione di apprendimento suddetta con quella di salute che dà l’OMS, uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattia o infermità, si nota immediatamente come in entrambe valgono le componenti psicologico-emotiva, sociale e corporea. Quando una di queste componenti viene lesa o intaccata ne consegue che tutto il sistema ne è compromesso. Non si possono progettare aiuti di sorta agendo chirurgicamente su un solo aspetto senza tener conto dell’individuo nella sua globalità e del contesto familiare e sociale in cui vive quotidianamente. La scuola dal canto suo può sicuramente fare la sua parte rimanendo un baluardo sicuro di formazione e informazione, nonché di educazione alle emozioni e alla loro gestione sia per i docenti che per gli studenti. Si ribadisce l’importanza della scuola e della sua funzione educativa, dunque la sconsideratezza nel tenerle chiuse ad oltranza senza un piano mirato che integri, al di là delle interpretazioni regionali, la DaD alla presenza.